Il principio del valore (nella società e in azienda)

Il valore è un bene che in tanti casi può essere semplicemente creato in maniera materiale o economica, mentre in tanti altri casi trascende dalle situazioni puramente pratiche.
Diventa cioè un insieme di caratteristiche, di peculiarità, quasi impossibili da replicare e che rendono ancora l'individuo superiore alla cosa. Se infatti la cosa può essere replicata e ha una struttura ben definibile, non credo l'uomo riuscirà mai a capire nel profondo cosa regola se stesso (qualuno ancora si ostina a voler ridimensionare quello che Dio ha reso eterno, ma questa è un'altra storia...).

Capiamo quindi come all'interno di un'unità economica o sociale sia ben difficile eliminare una persona dal lavoro senza andare incontro a conseguenze che sul momento possono anche sembrare trascurabili ("Tutti sono utili ma nessuno è necessario", frase orrenda che ancora qualcuno poco saggiamente proferisce) ma alla lunga sicuramente porteranno a uno scompenso.
A vantaggio degli "eliminatori" dalla sforbiciata facile c'è il fatto che nessuno può dire come sarebbero andate le cose diversamente; ben si può intuire però cosa sarebbe successo se non fossero venute al mondo persone come Archimede, Leonardo, Tesla, Eistain o Fermi ("erano "UTILI" al loro lavoro o "NECESSARIE" per un avanzamento tecnologico nella loro era?").
Nell'ottica quindi di preservazione la società e l'azienda non può mermettersi di privare se stessa di individui capaci che non potrebbero in ogni caso essere sostituiti semplicemente da un altra persona formata né tanto meno permettere a chi non è altrettanto competente di rovinarne il lavoro.
La meccanica con cui ciò normalmente accade la chiamo "Teoria delle scale".
Immaginiamo di avere i classici soggetti "A" e "B" che si trovano rispettivamente sul gradino 7 e 5. Normalmente in un anno di lavoro la crescita professionale di A lo porta a salire di 2 gradini mentre B di 1 solo.
Ecco che quindi B decide per cinismo di crescere quest'anno cercando di farlo a discapito di A o rovinandone il lavoro o cercando di addossargli le colpe prendendosi le gratitudini. Il suo comportamento porta i frutti sperati e anziché crescere di 1 B riesce a screscere di due gradini contro però una crescita 0 di A, che ovviamente con tutto quello che è successo non è cresciuto professionalmente.
Abbiamo quindi una situazione finale in cui A dal gradino 7 è rimasto nella stessa posizione con un B che ha idealmente raggiunto A con un +2.
L'azienda/società ci ha guadagnato? Ovviamente no
perché in una situazione normale la crescita dei suoi collaboratori sarebbe stato di +3 (A+2 e B+1) e invece così è stata di soli +2 (A+0 e B+2) perdendo addirittura un 30% di crescita annua!
Si possono dare colpe? Non del tutto, ma sicuramente responsabilità.

A avrebbe potuto aiutare B a crescere, B avrebbe potuto cercare di impegnarsi senza cercare più facilmente i frutti di A, l'azienda (il loro responsabile) avrebbe dovuto capire la situazione cercando di valorizzare il lavoro di B senza andare a discapito di quello di A. Avrebbe anche potuto il respondabile dividerli per capire se in due unità lavorative diverse avrebbero potuto dare il loro meglio o dare ad A la responsabilità di B in maniera che da responsabile i frutti/oneri del lavoro gli ricadessero direttamente sopra e B avrebbe dovuto eseguire i suoi ordini.
"Il lavoro per arrivare a fine mese" di Gianni Dominici
(l'autore non condivide necessariamente i contenuti dell'articolo)
Non c'è nulla di peggio in una struttura del volev livellare tutti al basso per non dover usare il polso sulle situazione. Il distribuire finte responsabilità che si elogiano fino a che vanno bene per poi condannarle nel momento negativo (con magari le solite frasi fatte "Nessuno ti aveva chiesto di farlo" o "Non era un tuo compito/responsabilità") è molto deleterio e porta a una sorta di anarchia di fondo dove si fa il gioco di chi non produce mente chi si sobbarca le responsabilità sarà frustato e sottomotivato:
- perché devo avere più responsabilità e pari guadagni?
- perché la mia forma contrattuale non rispetta per nulla la realtà delle mansioni/incarichi?
- perché devo avere l'onere dei lavori ma non l'autorità per impormi?
- perché se ho l'onere del lavoro da fare non ho collaboratori ma colleghi che giustamente fanno il loro e non ciò che gli dico?
- perché devo ricevere degli elogi finché tutto va bene di cui nessuno tiene conto al minimo problema?
Al di là di stupide abrogazioni e normazioni bisognerebbe concentrarsi sugli ambienti lavorativi eliminando forme contrattuali ormai obsolete e restringendone altre, dando la possibilità alle imprese di pagare il giusto il lavoro di tutti senza obblighi contrattuali anacronostici (perché dovrei essere legato a un'azienda a tempo "indeterminato" al di là che faccia bene o male? Per essere sottopagato se lavoro bene e sovrapagato se non mi importa di lavorar bene?).
Ma qua oltre a sfondare una porta aperta avrei bisogno di un libro bianco da scrivere, e non voglio annoiare oltre.

@Tosevita

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